La Striscia di Gaza è stata teatro di una delle giornate più drammatiche degli ultimi mesi. Martedì mattina, lungo la principale arteria orientale della città di Khan Younis, una folla stremata si è radunata nella speranza di ricevere un po’ di farina e altri generi di prima necessità. Sono uomini, donne, bambini, anziani: persone che da settimane sopravvivono tra la fame e la paura, in un territorio da mesi sotto assedio. Ma quella speranza si è trasformata in tragedia quando i soldati israeliani hanno aperto il fuoco sulla folla, sparando con carri armati, mitragliatrici pesanti e droni.
Il bilancio è agghiacciante: almeno settanta persone sono state uccise sul colpo, mentre centinaia sono rimaste ferite. Tra loro, molti bambini e anziani. I soccorritori, esausti e privi di mezzi adeguati, hanno trasportato i feriti all’ospedale Nasser, dove i medici hanno lavorato senza sosta per salvare vite. Ma molti dei feriti sono in condizioni critiche, e il numero delle vittime è destinato a salire. Secondo il portavoce della Protezione Civile di Gaza, Mahmud Bassal, oltre duecento persone sono state colpite, anche se le cifre precise restano incerte a causa del caos e della confusione che regnano sul luogo.
I testimoni raccontano scene di terrore e disperazione. “I droni israeliani hanno cominciato a sparare sulla folla, poi sono arrivati i carri armati,” ha detto un portavoce locale. “La gente cercava solo un po’ di farina per sopravvivere, ma si è trovata sotto il fuoco incrociato.” Al Jazeera, attraverso i suoi inviati sul campo, ha riportato che i carri armati e le mitragliatrici israeliane hanno letteralmente “inondato” la zona di proiettili, mentre i droni sorvegliavano dall’alto e colpivano chiunque si muovesse.
Per i sopravvissuti, è stato un incubo. “Ho visto persone cadere a terra, alcune senza vita, altre che urlavano di dolore,” ha raccontato Saeed Abu Liba, un uomo di 38 anni che è riuscito a salvarsi per miracolo. “Nessuno poteva aiutare, era troppo pericoloso avvicinarsi.” Yousef Nofal, che ha definito l’accaduto un “massacro”, ha raccontato di aver visto molti corpi a terra, alcuni completamente mutilati. “I soldati continuavano a sparare anche mentre la gente cercava di scappare,” ha detto. Mohammed Abu Qeshfa, un altro sopravvissuto, ha raccontato di essere scampato alla morte solo grazie a un colpo di fortuna, mentre intorno a lui esplodevano i colpi dei carri armati e delle mitragliatrici.
Le immagini che arrivano dall’ospedale Nasser sono sconvolgenti. I medici parlano di corpi “irriconoscibili”, dilaniati dalle esplosioni e dai proiettili. “Molte vittime sono state fatte a pezzi,” ha detto Tareq Abu Azzoum, corrispondente di Al Jazeera da Deir el-Balah, citando fonti mediche. “Non sappiamo nemmeno quante siano, perché alcuni corpi sono impossibili da identificare.”
Questa strage si inserisce in una lunga serie di episodi simili che si sono verificati da quando, tre settimane fa, la Gaza Humanitarian Foundation (GHF), sostenuta da Israele e dagli Stati Uniti, ha iniziato a distribuire aiuti alimentari nel territorio. Da allora, più di trecento persone sono state uccise e oltre duemila sono rimaste ferite mentre cercavano di ricevere cibo presso i centri di distribuzione. Martedì è stato il giorno più sanguinoso finora, superando il precedente record di lunedì, quando 38 persone erano state uccise soprattutto nella zona di Rafah, a sud di Khan Younis.
La situazione umanitaria a Gaza è disperata. La popolazione di 2,3 milioni di persone è ridotta alla fame, dopo mesi di blocco totale imposto da Israele su cibo, medicine e altri beni essenziali. Solo alla fine di maggio, dopo pressioni internazionali, Israele ha parzialmente allentato il blocco, permettendo alla GHF di distribuire una quantità limitata di aiuti. Ma nessun altro tipo di assistenza è stata autorizzata, e il blocco di fatto resta in vigore, con conseguenze devastanti per la popolazione civile.
Le Nazioni Unite e le principali organizzazioni umanitarie hanno rifiutato di collaborare con la GHF, accusandola di anteporre gli obiettivi militari israeliani alle esigenze umanitarie e di bypassare le organizzazioni con decenni di esperienza nella distribuzione di cibo e medicine a Gaza. “Non possiamo accettare che i civili vengano colpiti mentre cercano solo un po’ di cibo,” ha detto il portavoce del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, condannando fermamente la strage. “È inaccettabile. Fino a ieri, 338 persone sono state uccise e più di 2.800 ferite mentre cercavano di accedere al cibo vicino ai siti di distribuzione.”
Dopo ogni episodio di violenza, l’esercito israeliano ha sostenuto di aver sparato solo colpi di avvertimento contro presunti sospetti che si avvicinavano alle loro posizioni, senza però specificare se quei colpi avessero effettivamente colpito qualcuno. Ma le testimonianze e le immagini che arrivano da Gaza raccontano una storia diversa: quella di una popolazione stremata, costretta a rischiare la vita ogni giorno solo per sfamare sé stessa e i propri figli.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato un nuovo appello martedì, chiedendo che venga permesso l’ingresso di carburante a Gaza per mantenere in funzione i pochi ospedali ancora attivi. Senza carburante, anche le ultime strutture sanitarie rischiano di chiudere, lasciando la popolazione senza alcuna possibilità di ricevere cure.
La situazione a Gaza è ormai al limite. Ogni giorno che passa, la fame, la paura e la violenza fanno nuove vittime. E mentre la comunità internazionale si interroga su come porre fine a questa crisi, la popolazione civile continua a pagare il prezzo più alto.