La guerra tra Israele e Iran è l’ultimo atto di una lunga escalation di tensioni che ha trasformato il Medio Oriente da campo di battaglia per procura a teatro di scontro diretto. Le motivazioni dell’attacco israeliano sono molteplici e intrecciate tra politica interna, strategia regionale e logica di sicurezza.
Le ragioni del conflitto tra Israele e Iran
La narrazione ufficiale di Tel Aviv punta sul programma nucleare iraniano come minaccia esistenziale. Secondo questa versione, Israele avrebbe agito per impedire che l’Iran acquisisse la capacità di produrre armi atomiche in breve tempo, dopo aver esaurito ogni via diplomatica. L’azione viene descritta come autodifesa preventiva, necessaria per fermare una minaccia imminente.
Le valutazioni dell’intelligence americana, però, smentiscono la tesi di un pericolo immediato: l’Iran non sarebbe vicino a costruire una bomba atomica e un attacco israeliano potrebbe al massimo ritardare il programma di qualche mese. Anzi, il rischio che Teheran acceleri proprio in risposta alle azioni militari è una preoccupazione diffusa tra gli analisti.
Al di là della questione nucleare, Israele ha puntato anche a decapitare le élite militari e scientifiche iraniane, colpendo non solo strutture ma anche figure chiave del regime. L’obiettivo è indebolire la catena di comando e sabotare i dialoghi internazionali, in particolare con gli Stati Uniti. Questo approccio riflette una strategia israeliana consolidata: colpire individui ritenuti centrali per destabilizzare il sistema avversario.
La velleità di un cambio di regime
Un’altra ipotesi è che l’attacco miri a un cambio di regime a Teheran, come suggerito da alcune dichiarazioni della leadership israeliana. Tuttavia, la storia recente mostra che l’Iran reagisce con coesione alle minacce esterne, anche tra le sue diverse componenti politiche.
La competizione regionale è un altro fattore cruciale. Israele teme di perdere il suo vantaggio strategico di fronte all’espansione dell’influenza iraniana, sostenuta da alleanze con gruppi sciiti in Libano, Siria, Yemen e Iraq. L’azione militare serve anche a inviare un messaggio di forza agli avversari e alla comunità internazionale.
Bibi rilancia per uscire dall’isolamento
Il contesto interno israeliano gioca un ruolo: il governo Netanyahu, sotto pressione per la guerra a Gaza e per accuse di crimini di guerra, potrebbe aver visto nell’attacco all’Iran un’occasione per unire il paese e distogliere l’attenzione dalle critiche interne e internazionali.
La guerra tra Israele e Iran non si spiega solo con la minaccia nucleare o con la logica dell’autodifesa. Dietro ci sono ragioni più profonde: la competizione per l’egemonia regionale, la volontà di indebolire l’avversario colpendo le sue élite, la ricerca di legittimazione politica per la leadership israeliana. È il culmine di una lunga storia di rivalità, tensioni e scontri indiretti, che ora si manifestano in un conflitto aperto, con rischi imprevedibili per tutta la regione.