Il couscous, piatto iconico del Maghreb, è da sempre sinonimo di convivialità e di scambio tra culture. Eppure, da anni, soprattutto tra Algeria e Marocco, la sua origine è oggetto di una vera e propria guerra diplomatica e identitaria, tanto da far parlare i media di “guerre du couscous” (Le Monde, “Entre l’Algérie et le Maroc, la guerre du couscous”). L’ultimo episodio di questa disputa si è verificato a metà giugno 2025, quando il ministro della Comunicazione algerino, Mohamed Meziane, ha accusato pubblicamente il Marocco di “appropriazione culturale” e di “pillage gastronomique”, sostenendo che il couscous sarebbe un piatto nato in Algeria e non altrove (Libération, “Le couscous, symbole de convivialité ?”).
La questione non è nuova: da anni, sui social network e nei dibattiti pubblici, marocchini e algerini si scontrano sull’origine di questo piatto, rivendicando ciascuno la propria “paternità”. Le tensioni si inseriscono in un contesto di relazioni diplomatiche già molto tese tra i due paesi, in particolare sul tema del Sahara Occidentale. Il couscous, insomma, diventa il simbolo di una rivalità che va ben oltre la cucina.
Tuttavia, storici e antropologi invitano alla prudenza: l’origine del couscous è difficile da attribuire a un singolo paese. Come sottolineano numerose fonti, tra cui Wikipedia e diverse recensioni online, il couscous è un piatto transnazionale, diffuso in tutto il Nord Africa e in parte del Medio Oriente, con varianti locali che ne arricchiscono la storia e il sapore. La sua preparazione e il suo consumo sono radicati in tradizioni millenarie, legate alla vita agricola e pastorale delle popolazioni berbere, che hanno abitato la regione ben prima della formazione degli attuali stati nazionali.
Nel 2020, il couscous è stato iscritto dall’UNESCO nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, grazie a una candidatura congiunta presentata da Algeria, Marocco, Tunisia e Mauritania. Questo riconoscimento, come ricorda France 24 (“Le couscous, patrimoine immatériel de l’humanité : une victoire pour le Maghreb”), è stato salutato come una vittoria per l’intera regione, perché valorizza una tradizione condivisa e promuove il dialogo tra culture.
Nonostante ciò, la disputa tra Algeria e Marocco continua a infiammarsi periodicamente, soprattutto in occasione di eventi politici o culturali. Da una parte, l’Algeria insiste sulla propria “paternità” storica, citando studi e ricerche che collocherebbero le prime tracce del couscous sul proprio territorio. Dall’altra, il Marocco rivendica la propria versione del piatto, considerata più raffinata e variegata, e accusa l’Algeria di voler monopolizzare una tradizione che appartiene a tutto il Maghreb.
Gli chef e i cuochi della regione, interpellati da diverse testate, invitano a superare le rivalità e a celebrare la ricchezza della cucina magrebina, che proprio nel couscous trova una delle sue espressioni più autentiche. “Il couscous non ha frontiere”, afferma un cuoco intervistato da BBC News (“The couscous wars: Morocco and Algeria dispute food’s origins”), “è un piatto che unisce, non che divide”.
In conclusione, la guerra del couscous è uno specchio delle tensioni politiche e culturali che attraversano il Maghreb, ma anche un invito a riscoprire la forza della convivialità e dello scambio. Forse, come suggeriscono molti osservatori, sarebbe più utile celebrare insieme questo piatto, invece di litigare sulla sua origine.