La destra radicale israeliana continua a dettare l’agenda politica, ma il vero elemento di inquietudine non sono tanto le sortite messianiche di Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze e maggior disegnatore strategico della colonizzazione della West Bank, quanto l’azione diretta del primo ministro Benjamin Netanyahu. Se Smotrich insiste nel respingere ogni ipotesi di accordo sugli ostaggi Netanyahu appare sempre più isolato e determinato a consolidare il proprio potere, anche a costo di forzare l’assetto istituzionale del paese.
Sulla scena internazionale Trump ha confermato che gli Stati Uniti hanno bloccato un piano israeliano per colpire le installazioni nucleari iraniane. L’ex direttore del Mossad, Yossi Cohen, ha ammesso pubblicamente che l’intervento americano ha impedito ogni operazione militare. Trump, attraverso il suo emissario Steve Witkoff si muove verso un’intesa di principio con Teheran: non un accordo pieno, ma una bozza di agenda negoziale per evitare un conflitto immediato e costruire le basi per un’intesa futura. Washington sembra inoltre disposta a tollerare un certo livello di arricchimento dell’uranio da parte dell’Iran, segnando un passo indietro rispetto alle posizioni precedenti.
Netanyahu spera ancora in un fallimento delle trattative che gli permetta di tornare all’opzione militare. Intanto Bibi ha scelto David Zini come nuovo capo dello Shin Bet, una nomina che ha suscitato polemiche e che potrebbe essere ostacolata dalla magistratura. Il premier è tuttora formalmente in conflitto d’interessi e i tempi burocratici potrebbero costringerlo a prorogare l’attuale direzione dell’intelligence, una soluzione che né lui né il diretto interessato sembrano voler accettare.
La repressione delle proteste interne si fa sempre più dura. Mentre le violenze dell’estrema destra vengono spesso ignorate, le manifestazioni della sinistra vengono affrontate con brutalità crescente da parte delle forze di polizia. Nel frattempo, ambienti vicini al governo alimentano false notizie sui negoziati per il rilascio degli ostaggi, tentando di attribuire al ministro Ron Dermer risultati ottenuti ben prima del suo ingresso nella squadra negoziale.
In questo clima, Netanyahu continua a cercare figure fedeli e malleabili ai vertici delle istituzioni, mentre il paese appare sempre più polarizzato, tanto sul fronte interno quanto su quello diplomatico.