Il rapporto del Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967, pubblicato nel giugno 2025, è un documento che scuote e interroga profondamente il ruolo delle im[prese nella tragedia palestinese. Racconta non solo una storia di occupazione militare, ma anche di una macchina economica globale che alimenta, sostiene e trae profitto dalla distruzione e dalla sostituzione della popolazione palestinese.
Il rapporto parte da una premessa storica: le imprese, nel corso dei secoli, sono state spesso complici di colonialismi e genocidi. In Palestina, questo si traduce in una realtà in cui la colonizzazione israeliana, sostenuta da aziende di ogni settore e provenienza, ha creato un regime di apartheid e negazione sistematica dei diritti fondamentali dei palestinesi. Oggi, il documento parla apertamente di una “economia del genocidio”, dove il profitto privato si intreccia con la violenza di Stato.
Il cuore dell’indagine è la descrizione di come le imprese – pubbliche, private, multinazionali o locali – siano coinvolte in ogni aspetto dell’occupazione: dalla produzione di armi alla tecnologia di sorveglianza, dalle costruzioni alle risorse naturali, dalla finanza fino al mondo accademico. Dopo ottobre 2023, con la nuova escalation a Gaza, il ruolo delle aziende si è ulteriormente intensificato: non solo hanno continuato a fornire strumenti e servizi, ma hanno tratto profitto dalla distruzione sistematica e dal trasferimento forzato di centinaia di migliaia di palestinesi.
Il rapporto descrive come, nel settore militare, aziende israeliane e internazionali abbiano fornito armi, tecnologie e supporto logistico che hanno reso possibile la devastazione di Gaza e la repressione in Cisgiordania. Elbit Systems e Israel Aerospace Industries sono citate come attori chiave, mentre giganti come Lockheed Martin e Leonardo S.p.A. hanno collaborato strettamente con Israele, fornendo aerei da combattimento e altre tecnologie avanzate. L’uso di droni, intelligenza artificiale e bombe di grande potenza ha portato a distruzioni senza precedenti.
Nel settore tecnologico, il rapporto racconta di come aziende come Microsoft, IBM, Google, Amazon e la israeliana NSO Group abbiano fornito infrastrutture e software per la sorveglianza di massa, la raccolta di dati biometrici e il controllo della popolazione. Il famigerato spyware Pegasus, ad esempio, è stato utilizzato per spiare attivisti e dissidenti palestinesi.
Le imprese di costruzioni e i produttori di macchinari pesanti – Caterpillar, Hyundai, Volvo – sono accusati di aver fornito bulldozer e altri mezzi per demolire case, infrastrutture e campi agricoli palestinesi, facilitando l’espansione delle colonie e la distruzione di Gaza. Anche le aziende energetiche e di servizi, come Mekorot (acqua), Chevron, BP, Glencore e Drummond, alimentano l’economia israeliana e le sue infrastrutture, spesso privando i palestinesi di risorse vitali.
Il rapporto si sofferma anche sull’agroalimentare e il commercio globale: gruppi come Tnuva e Netafim sfruttano la terra e le risorse palestinesi, mentre i prodotti delle colonie finiscono nei supermercati di tutto il mondo, spesso senza etichettatura trasparente. Le piattaforme di turismo e immobiliare, come Booking.com e Airbnb, promuovono soggiorni e investimenti nelle colonie, normalizzando l’annessione e la sostituzione della popolazione palestinese.
Il sistema finanziario internazionale – banche, fondi pensione, assicurazioni – sostiene direttamente o indirettamente le aziende coinvolte nell’occupazione, acquistando titoli di Stato israeliani che finanziano le operazioni militari a Gaza. Fondazioni, ONG e charity, spesso con agevolazioni fiscali, raccolgono fondi per le colonie e per l’esercito israeliano. Anche le università, sia israeliane che internazionali, sono indicate come complici: con programmi di ricerca, sviluppo di tecnologie dual-use e collaborazioni con il settore militare, contribuiscono a mantenere e giustificare il sistema di apartheid.
Il rapporto non si limita alla denuncia, ma lancia un appello pressante: chiede sanzioni e un embargo totale su armi e tecnologie dual-use verso Israele, la sospensione di accordi commerciali e investimenti con le aziende coinvolte, azioni legali contro chi è responsabile di complicità in crimini internazionali, la cessazione immediata di tutte le attività economiche che sostengono l’occupazione e l’apartheid, e riparazioni per il popolo palestinese, anche attraverso una tassa sulla ricchezza accumulata grazie all’apartheid.
La conclusione del rapporto è netta: nessuna attività economica in questo contesto può considerarsi neutrale. Ogni investimento, ogni transazione, contribuisce a mantenere un sistema di crimini internazionali. La responsabilità delle imprese e dei loro dirigenti è ormai una questione centrale per la giustizia globale. Il documento invita la società civile, i sindacati e i cittadini a mobilitarsi per boicottaggi, disinvestimenti e sanzioni, sottolineando che la fine di questa economia del genocidio dipende anche dalla pressione e dalla consapevolezza collettiva.
Qui l’elenco delle aziende citate nel rapporto del Relatore Speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967. L’elenco comprende sia aziende israeliane che multinazionali, suddivise per settore di attività, come risulta dal testo del documento ufficiale:
Settore militare e armamenti
-
Elbit Systems
-
Israel Aerospace Industries (IAI)
-
Lockheed Martin
-
Leonardo S.p.A. (Italia)
-
FANUC Corporation (Giappone)
-
Palantir Technologies
-
Rheinmetall
-
Caterpillar Inc. (per uso duale, anche militare)
-
A.P. Moller – Maersk A/S (logistica e trasporti di armamenti)
Tecnologia, sorveglianza e infrastrutture digitali
-
NSO Group
-
IBM
-
Hewlett Packard Enterprises (HPE)
-
HP Inc.
-
Microsoft
-
Alphabet Inc. (Google)
-
Amazon.com Inc.
-
Palantir Technologies
-
Orbia Advance Corporation (tramite Netafim)
-
MIT (Massachusetts Institute of Technology) (collaborazioni di ricerca)
Costruzioni, demolizioni, macchinari pesanti
-
Caterpillar Inc.
-
HD Hyundai (Corea del Sud)
-
Doosan (controllata da HD Hyundai)
-
Volvo Group (Svezia)
-
Heidelberg Materials AG (Germania, tramite Hanson Israel)
-
Merkavim Transport (partner Volvo)
-
Construcciones Auxiliar de Ferrocarriles (CAF) (Spagna/Basque Country)
Energia, risorse naturali e utilities
-
Mekorot (acqua, Israele)
-
Chevron Corporation (USA)
-
BP p.l.c. (Regno Unito)
-
Drummond Company Inc. (USA)
-
Glencore plc (Svizzera)
-
NewMedEnergy (sussidiaria di Delek Group, Israele)
-
Petrobras (Brasile)
-
Paz Retail and Energy Ltd (Israele)
-
Sonol Energy (Israele)
-
Delek Group (Israele)
Agroalimentare e agribusiness
-
Tnuva (controllata da Bright Dairy & Food Co. Ltd, Cina)
-
Bright Dairy & Food Co. Ltd (Cina)
-
Netafim (80% Orbia Advance Corporation, Messico)
Grande distribuzione, logistica e commercio globale
-
A.P. Moller – Maersk A/S (logistica e trasporto)
-
Carrefour (Francia, tramite partnership locali)
-
Amazon.com Inc. (e-commerce)
-
Booking Holdings Inc. (Booking.com)
-
Airbnb Inc.
Immobiliare e turismo
-
Keller Williams Realty LLC (tramite KW Israel e Home in Israel)
-
Home in Israel (franchisee Keller Williams)
Finanza, assicurazioni e investimenti
-
Blackrock
-
Vanguard
-
Allianz (tramite PIMCO)
-
AXA
-
BNP Paribas
-
Barclays
-
Development Corporation for Israel (DCI) / Israel Bonds
-
Norwegian Government Pension Fund Global (GPFG)
-
Caisse de Dépôt et Placement du Québec (CDPQ)
-
MSCI
-
FTSE
-
J.P. Morgan
Associazioni, fondazioni, ONG e charity
-
Jewish National Fund (KKL-JNF) e oltre 20 affiliate
-
Israel Gives (piattaforma di crowdfunding)
-
Christian Friends of Israeli Communities
-
Christians for Israel (Paesi Bassi e network globale)
Università e istituti di ricerca
-
Massachusetts Institute of Technology (MIT)
-
Ben Gurion University
-
Technion
-
Hebrew University
-
Technical University of Munich (TUM)
-
University of Edinburgh
-
Leonardo S.p.A. (collaborazioni accademiche)
-
European Commission (Horizon Europe) (finanziamenti e collaborazioni con università e aziende israeliane)