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10 November 2025

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[Iraq] A 12 anni dall’ultimo genocidio degli Yazidi il messaggio di Ocalan

Il 3 agosto 2014, la comunità © di Shengal (Sinjar), nel nord dell’Iraq, è stata vittima di una delle pagine più nere della sua storia: un attacco dello Stato Islamico mirato all’annientamento di un popolo già perseguitato da secoli. Secondo le Nazioni Unite, almeno 10.000 persone furono uccise e oltre 400.000 costrette alla fuga; le donne e le ragazze subirono stupri e schiavitù, mentre i bambini vennero arruolati come soldati, segnando il 73° genocidio – o “ferman” – della storia yazida.

Per ricordare e reagire a questa tragedia, l’Accademia di Scienze Sociali Abdullah Öcalan ha organizzato una conferenza di due giorni proprio a Shengal, sotto gli slogan “La risposta ai 73 decreti” e “La chiamata alla società democratica è l’inizio di un Rinascimento per gli Yazidi”. All’evento hanno preso parte accademici, attivisti, rappresentanti religiosi, giornalisti e varie realtà associative e istituzionali locali, alcuni anche a distanza.

La conferenza si è aperta con un minuto di silenzio per le vittime e ha affrontato nove grandi temi, dalla storia sociale degli Yazidi alla questione femminile, dall’ecologia al genocidio culturale, ponendo particolare attenzione alla necessità di autodifesa e autogoverno della comunità.

Il leader curdo Abdullah Öcalan, in un messaggio speciale, ha ribadito il diritto degli Yazidi a una vita libera e autonoma, sottolineando il ruolo cruciale delle donne yazide nella resistenza e invitando tutti a sostenere la loro causa come dovere verso la coscienza umana. Il suo messaggio è stato accolto con entusiasmo dai partecipanti, simbolo di una comunità che, nonostante le sofferenze, continua a lottare per dignità e futuro.

Questo il messggio del leader curdo Abdullah Öcalan

“Innanzitutto, vi saluto a nome di tutti i nostri compagni qui e vi auguro successo nel vostro lavoro.

La storia non parla solo del passato; racchiude anche il dolore, la resistenza e la verità che sono stati vissuti insieme ad essa. Il popolo yazida è tra i più onorevoli e antichi portatori di questa verità. Gli Yazidi, una delle più antiche fedi della Mesopotamia, hanno preservato la loro esistenza per migliaia di anni nonostante le oppressioni, le migrazioni forzate e le negazioni.

Lo Yazidismo è più di una credenza o tradizione. Si basa sulla vita in armonia con la natura e sul considerare ogni essere vivente come sacro. Ecco perché i sistemi oppressivi hanno sempre visto gli Yazidi come una minaccia, perché gli Yazidi hanno portato le tracce di una vita eguale e libera fino ai nostri giorni.

Di fronte a grandi oppressioni, gli Yazidi non si sono arresi; hanno cercato rifugio sulle montagne del Kurdistan e si sono aggrappati alla loro fede nella storia e nella libertà. La loro fede e lingua sono state più volte messe al bando, ma hanno mantenuto viva la loro cultura. Davanti al rischio di annientamento, sono rinati dalle proprie ceneri.

Le donne yazide sono le principali pioniere di questa lotta. Pur avendo subito gli attacchi più duri, non si sono mai arrese. Con la loro resistenza a Shengal, hanno riacceso la speranza di una vita dignitosa non solo per se stesse ma per tutti i popoli.

La lotta che il popolo yazida sta conducendo oggi indica la via a tutti noi. La loro voce è la voce di chi cerca la libertà. Proteggere gli Yazidi equivale quindi a salvaguardare la coscienza dell’umanità, basandosi sull’autodifesa.

È il diritto naturale degli Yazidi istituire un proprio sistema per poter vivere liberamente con la propria fede e identità. Né gli stati oppressivi né le ideologie tribali ristrette riconoscono questo diritto. Questo può essere realizzato solo attraverso un sistema fondato sulla fratellanza e l’uguaglianza tra i popoli, su cui possano autogovernarsi.

Tutti devono sapere questo: il popolo yazida non è solo. Nonostante tutte le sofferenze subite sotto i 73 fermans, sono sopravvissuti fino ad oggi grazie alla loro resistenza. Con il processo di Pace e Società Democratica che abbiamo sviluppato, non vivranno più alcun ferman. I fermans sono finiti. La loro presenza in questa regione è motivo di orgoglio per chiunque desideri pace e fratellanza.”

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